ACCADEMIA DEL GUSTO
LA SPEZIA 2006

Venerdi 23 Giugno, ore 20.30, Livorno, al Ristorante "La Barcarola"
viale Carducci, 39 - tel. 0586.402367 

 



Livorno, 31 Maggio 2006: un gruppo di Accademici in avanscoperta a tavola durante la degustazione e con Beppino (al centro), titolare del ristorante.

Per chiudere questo primo ciclo di appuntamenti, su. “La zuppa di Lerici, il caciucco di Viareggio e il cacciucco di Livorno”, il giorno 23 giugno 2006, alle ore 20,30, ci ritroveremo tutti a Livorno. Dalla Spezia si partirà con un pullman. 

Durante l’estate visiteremo altri locali spezzini che hanno chiesto di cimentarsi con questo piatto unico e delizioso. Un piatto che, per l’arte del cucinare e per il gusto,  resta un caposaldo della cucina marinara. 

A LIVORNO  il locale prescelto dal gruppo dei “saggi del gusto”, che è andato in avanscoperta, è La Barcarola. Il ristorante si trova in viale Carducci 39, tel 0586- 402367. E’ un locale storico, perché la prima trattoria, con questo nome, venne rilevata dalla famiglia di Dante Brogi, nel 1935. Il nome “La Barcarola” è in ricordo della bellissima pagina musicale che il Maestro livornese Pietro Mascagni compose nella sua opera “Silvano”. Fino al ’43 la trattoria rimase nelle vicinanze del Porto, poi i bombardamenti distrussero molto della vecchia Livorno e dal 1945 il ristorante si trasferì nel viale Carducci al numero 63. Dopo 55 anni, dal 7 novembre 2000, ultimo trasferimento, nella nuova e ampia sede, sempre in viale Carducci, al numero 39. La dinastia Brogi è la stessa. Dante Brogi era aiutato da una bravissima cuoca, la moglie Virginia, poi è arrivatale la figlia Palmira. Oggi le redini sono saldamente nelle mani del nipote Beppino, figlio di Palmira. Il locale è frequentato da tutti, dal popolo generoso e dai personaggi più in vista. A tal punto che beppino nel 1986 fu chiamato a servire il Papa durante la visita a Firenze. La tradizione di questa famiglia dura da tanti anni ed il 7 aprile 2001 ha accolto a pranzo l’allora Presidente della Repubblica, oggi senatore a vita, Carlo Azelio Ciampi.

Nostro gancio e punto di riferimento a Livorno è stato il caro amico, Pier Luigi Mazzetti, bancario prima, lupo di mare, archeologo e storico per passione da sempre, ma principalmente un uomo dal cuore d’oro, generoso, pronto all’accoglienza e all’assistenza.  E’ stato lui che ci ha guidato a visitare la vecchia Livorno, la zona dei canali, i monumenti. Lo avremo con noi anche il giorno 16 e ci racconterà alcuni aneddoti sul cacciucco e sul popolo livornese. 

 

La ricetta della “Barcarola”

Ingredienti per sei persone: 500 g di seppie nostrali, 500 g di polpi di scoglio, 300 g di palombo fresco, 500 d di pesce da zuppa (gallinelle, cappone, scorfano) 500 g di frutti di mare (datteri e vongole), 500 g di gamberoni, gamberi, scampi, cicale. (Nota: i datteri stanno per cozze o muscoli alla spezzina) Poi vino bianco, 500 g di pomodori pelati, un cucchiaio di concentrato di pomodoro, olio, aglio, salvia, peperoncino. 12 fette di pane posato e arrostito, pepato e agliato.

 

Mettere al fuoco una casseruola con fondo d’olio d’oliva, aglio e salvia, peperoncino e i pomodori pelati. Soffriggere. Quindi mettere polpi e seppie tagliati a troccoli, bagnare con vino bianco, aggiungere il concentrato di pomodoro e cuocere per 20 minuti, rimestando. Mano a mano rovesciarci i pezzi da zuppa e il palombo tagliati. Le teste dei pesci andrebbero cotte in brodo con gli odori e passate. Il ricavato abbastanza denso, versato nella casseruola, accrescerebbe sostanza e sapore al cacciucco. Seguire la cottura a fuoco lento ma energico. Quando polpo e seppie sono diventati teneri, aggiungere i crostacei e i frutti di mare con i loro gusci. Andare avanti per altri 6-7 minuti affinché datteri e vongole (i datteri sono le cozze) si aprano. Il pane tagliato e abbrustolito va posto sul fondo delle terrine. Con un ramaiolo attingere pesce e sugo dalla casseruola in parti eque. 

 

LA PASSIONE PER IL CACCIUCCO

Per dare la misura della passione che il popolo livornese ha per il cacciucco si racconta la seguente storiella. Una donna del rione Borgo Cappuccini porta il figlio di poco più di un anno dal medico. Il bambino ha il volto paonazzo. “Gli faccia qualcosa dottore !” implora la donna. Il medico gli palpa il pancino gonfio, chiede alla madre cosa gli ha dato, cosa gli ha fatto bere. “Appena mezzo bicchiere di vino” dice quella. “Ma è impazzita ? - grida il dottore - mezzo bicchiere di vino, del latte gli deve dare!”. “Dottore, mi faccia il piacere - è la risposta - dopo il cacciucco cosa gli do, il latte?”.   

 

IL PARERE DI ALDO SANTINI 

Giornalista storico e scrittore del “Tirreno” 

E’ proprio così, nel cacciucco trovate il sapore di Livorno, il suo carattere di città rissosa e popolaresca, sanguigna, aizzata dal libeccio, tutta spifferi ed esplosioni di voci. Un sapore forte e insieme variegato, con tante assonanze e tanti aromi per quanti sono i pesci che contribuiscono a formare il suo sugo. Senza darsi le arie di sapientoni citando le più o meno improbabili origini del suo nome, il cacciucco ha ormai un significato preciso, sta per miscuglio di elementi eterogenei, groviglio, intrico, viluppo. E Livorno, nata com’è da un miscuglio di popolazioni eterogenee, “levantini, ponentini, spagnuoli, portughesi,  greci, tedeschi e italiani, ebrei, turchi mori, armeni, persiani e altri” (copio le prime righe della Costituzione Livornina di Ferdinando de’ Medici) ha nel cacciucco la sua bandiera perché è lei stessa un cacciucco di razze.  Cacciucco con cinque “c”, mi raccomando, non caciucco come dicono in genere i foresti. Levategli una “c” al cacciucco, e avremo una zuppa anemica, povera di colore. D’altronde non si può nemmeno pretendere che il cacciucco di oggi abbia la forza del cacciucco di ieri l’altro, quando i livornesi erano satanassi nerboruti con il cazzotto proibito e lo stomaco di ferro, quando per prepararlo ci volevano dodici se non tredici qualità di pesci. Oggi che siamo tutti delicatini con problemi di colesterolo e di soprappeso, è sufficiente mettere nella pentola seppie nostrali e polpi di scoglio, palombo fresco e una gallinella, un pesce cappone, uno scorfano. Sono questi ultimi che garantiscono un sugo resuscitamorti soavemente intenso. Gallinella, cappone e scorfano rimarranno nella pentola, mentre sopra le fette di pane agliato e abbrustolito  vi serviranno le seppie morbide e i pezzetti di polpo che si sciolgono in bocca, masticandoli piano. E le polpe a coste di palombo. Assaporate, non distraetevi. Avrete anche il balletto (è di moda) dei gamberi, gamberetti, scampi, vongole e datteri. (nota: ripetiamo che i datteri a Livorno sono le cozze. I datteri, da alcuni anni, sono vietati sia farli, spaccando le rocce, sia importarli e degustarli). Si sa, in epoca di consumismo l’occhio vuole la sua parte. E nel bicchiere? Il cacciucco va accompagnato da robuste sorsate di vino rosso, un Chianti giovane. I livornesi d’antan non dicevano sorsate ma gozzate. Anche il linguaggio s’ingentilisce, ed è un bene. Comunque niente vino bianco, sarebbe una bestemmia. Dopo il cacciucco un bel ponce alla livornese. Serve per digerire e soprattutto, per restare nell’ambiente, quello di Livorno, appunto. Una città che può piacere o non piacere ma che tra i suoi innumerevoli difetti ne ha uno da non disprezzare: è spietatamente sincera. I livornesi veraci non si nascondono mai dietro la maschera dell’ipocrisia, hanno (quasi sempre) l’immediata franchezza del loro cacciucco e del loro ponce. 

 

LIVORNO, 23 Giugno 2006

TANTI COMMENTI E TUTTI POSITIVI PER IL CACCIUCCO

 

ALLA "BARCAROLA" DI LIVORNO DEGUSTAZIONE DI CACCIUCCO.

I commenti finali sono stati tutti positivi. Il cacciucco degustato alla "Barcarola" è stato veramente all'altezza delle aspettative. I saggi dell'Accademia del gusto, hanno promosso a pieni voti questo piatto storico di Livorno, anche se hanno dovuto constatare, facendo un giro per i vari locali della città toscana, che per degustare il cacciucco, bisogna prenotarlo, e anche qualche giorno prima. E' la dura legge della modernità. Per questo motivo gli scopi della nostra associazione (la difesa dei piatti tipici), sono sempre attuali. Anzi bisogna stare con gli occhi ben aperti per sapersi destreggiare tra tanti, troppi piatti tipici. Date un'occhiata in giro e vedrete che tante manifestazioni, di "tipico" hanno solo il cattivo gusto.
Al ristorante "La Barcarola" sono stati deliziosi anche i tanti antipasti serviti. Se c'è da fare un appunto è nei tempi per servire il cacciucco, ma questo, come è stato spiegato nel corso della serata, va messo in conto, perché il cacciucco va "costruito" nel piatto. Per servire quaranta piatti caldi nei tempi accettabili ci vogliono venti persone tra cucina e sala e questo sappiamo non è possibile. Lo abbiamo detto per mettere in guardia gli amici gastronomi. 
Chi ha seguito le tre manifestazioni, Lerici, Viareggio e Livorno, con qualche visita a fine settimana, in altri locali dove si può degustare questo piatto unico, ha potuto constatare che ci sono vari modi di preparazione. Ogni piatto, che sia zuppa, cacciucco o brodetto, ha però a monte una sua storia: pensiamo alla zuppa provenzale, la "bouillabaisse" che si differenzia per la presenza dello zafferano, il "brodetto" più specifico delle varie località dell'Adriatico che si serve nel centro tavola nel tegame di coccio e il brodetto forestale che al pesce si aggiungono funghi, odori e un tuorlo d'uovo. Ognuno, nel rispetto delle regole, ha un suo valore.
Il nostro gusto ha promosso però il cacciucco livornese, quello con cinque "c" , con la crema di pesci passati al setaccio, un po' di peperoncino, pomodoro e vino rosso, con i pesci di poco pregio ma freschissimi: seppia, polpo, tracina, cappone, prete, scorfano, gallinella, sugarello, palombetto, gronco, ghiozzo, cicala, batti-batti, muscoli e volendo esagerare anche con la murena.

 

 

 


CERTIFICHIAMO IL GUSTO

Dal dibattito finale è nato un nuovo progetto che si sta già concretizzando con la "certificazione" del gusto. "I prodotti di qualità sono sicuramente indispensabili per creare un piatto- ha detto il presidente dell'Accademia del gusto Franco Carozza - ma questi prodotti bisogna saperli utilizzare al meglio, affinché tanti sapori distinti, cucinati insieme, si trasformino in un gusto unico e delizioso". Esperti dell'Accademia hanno già preso parte alla degustazione di piatti, che avevano come base di partenza lo "zucchino alberello" di Sarzana, recuperato alla coltura all'interno del progetto di recupero e valorizzazione di alcune vecchie specie di piante ortive e da frutto mediante la catena agrituristica della Val di magra. La manifestazione svoltasi all'Agriturismo il Fienile di Masignano di Arcola, è riuscita pienamente e la titolare, Cinzia Angelotti Spagnoli, artefice degli antipasti, dei primi, dei secondi e persino del dolce, a base di zucchini tipici, ha ricevuto i complimenti dai commensali.



L'intervento di Pier Luigi Mazzetti, storico del Cacciucco
BENVENUTA TRA NOI A SANDRA PODESTA' CALEVO

Nel corso della manifestazione, il presidente Franco Carozza, ha consegnato il distintivo e la tessera dell'associazione, come "saggia della cucina", a Sandra Podestà Calevo
(nella foto a sinistra), un'imprenditrice, con alle spalle anni di esperienza nella scuola, che ha a cuore la difesa della cucina del territorio. 

 

 

 

 

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