ACCADEMIA DEL GUSTO
LA SPEZIA 2006

 

Sapori e saperi

PRIMA DI ENTRARE IN UN LOCALE...
DOBBIAMO SAPERE COSA CERCHIAMO

 

Quando ci si mette a tavola, non possiamo certo pensare  ai prodotti transgenici, ai pesticidi, al mare inquinato o ai virus che colpiscono gli allevamenti intensivi. Sono argomenti che dobbiamo affrontare e valutare,  ma una volta seduti a tavola, possibilmente con le persone care o con gli amici, dobbiamo mettere da parte. La tavola deve essere un vero piacere e dipende da noi fare le scelte giuste. Si sta molto bene anche in famiglia, specialmente quando la partecipazione alla festa diventa un momento di socialità. E’ bello rendersi utile dando una mano alla padrona di casa sia in cucina che nell’apparecchiare la tavola. Altra cosa è andare fuori, alla scoperta dei locali tipici. Alla Spezia e in provincia ci sono ristoranti, trattorie, agriturismo, che possono dare risposte certe alle nostre esigenze. Sta a noi saper scegliere. E la scelta è un fatto molto personale. Non è facile dare consigli. Ci sono ristoranti buoni per una cenetta intima, altri per festeggiare il compleanno del nonno o per un incontro tra amici. Prima di entrare in un locale dobbiamo sapere cosa cerchiamo. Vogliamo un menù di mare o di terra; ci accontentiamo di un vino della casa o vogliamo degustare vini Doc garantiti e protetti; vogliamo degustare piatti tipici o vogliamo mettere alla prova l’estro dello chef. La cortesia, l’ospitalità e un buon parcheggio, sono solo un optional. Ecco abbiamo fatto alcuni esempi che possono servire a guidarci nella scelta del nostro ristorante preferito.  Attenti poi agli osti che improvvisano troppo, succubi delle mille rubriche televisive che oggi abbondano, dove i piatti si preparano in pochi minuti e dove tutto è consentito. Purtroppo certi abbinamenti, che sono come un pugno allo stomaco, vengono presentati come vanto e delizie della casa. Per non sbagliare è meglio fidarsi dei piatti tipici del territorio, dove le materie prime sono certezza e garanzia di sapori e profumi antichi. Abbiamo la fortuna di avere un buon mercato di pesce, le verdure della Val di Magra, la carne e i formaggi biologici della Val di Vara, olio di frantoio, ottimi vini dei Colli di Luni, delle 5 Terre, della Riviera, delle colline di Levanto e tanti ristoranti sparsi sul territorio. L’unica cosa da stare attenti è che i piatti siano armoniosi, dove i gusti non subiscano trasformazioni tali da non capire più di cosa si tratta. Si fa uso eccessivo di rucola, aceto balsamico, salmone, lardo più o meno famoso, creme di pesce, di zucca, curry e tartufo che a volta snaturano solo i sapori. Impariamo a degustare cibi sani, veri, legati al nostro mare, che inebriano e fanno sognare. Nessun turista, almeno crediamo, osa entrare in un ristorante spezzino, a Lerici, a Porto Venere o nelle 5 Terre, e chiede anatra in umido, spezzatino di capriolo, anguilla alla salvia. Questi piatti, gustosi come altri, vanno apprezzati in Emilia e Romagna, in Alto Adige o in Piemonte. I nostri piatti più deliziosi sono legati ai frutti di mare, per non parlare poi dei vari tegami di acciughe, dei polpi, delle seppie, delle fritture di paranza o delle grigliate , anche se non dobbiamo dimenticare le nostre radici che ci riportano ai ravioli, alle torte d’erbi, alla mes-ciùa, alle acciughe, allo stoccafisso. Mettiamo da parte quindi la civiltà dell’apparenza e dell’illusione e riscopriamo la cultura del buon cibo e della buona tavola. 

CATTIVI MAESTRI

Non voglio parlarvi ancora dei programmi televisivi dove tutto fa spettacolo. 

Durante una grande manifestazione, che è il Salone del vino di Torino, Girardet, l’unico ad aver conquistato al primo giudizio le tre stelle Michelin  nel suo ristorante di Crissier in Svizzera (si è ritirato a 60 anni) ha evidenziato che il ristoratore deve preoccuparsi di assistere l’ospite al massimo grado possibile,  sull’importanza della qualità della materia prima, oggi in mano all’industrializzazione delle produzioni alle grandi reti di distribuzioni (si faceva arrivare le sogliole dalla Bretagna per via aerea), Robuchon (altro mago della cucina che ha dato il nome ad un grande ristorante a Tokyo) ha detto che la fama di un suo grande purè fosse dovuta soltanto alla qualità del latte appena munto, del burro freschissimo e delle patate utilizzate, queste ultime fornite da un produttore innamorato della campagna. 

Robuchon è stato ancora più categorico circa l’essenza della creatività, che non esiste. I due grandi cuochi hanno sostenuto di credere nel genio umano ma hanno rilevato come la creatività sia rara. “Se un cuoco in una vita può creare quattro o cinque piatti che resteranno ha già fatto il massimo, come affermava Troisgros” La loro affermazione è questa: “grandi prodotti del territorio , rispetto della tradizione, grande tecnica in cucina e innovazione finalizzata a creare qualcosa che resta, non a effimera spettacolarizzazione”, ricerca complessiva delle armonie, necessità di tornare a una cucina di sapori e di profumi, ma quelli contenuti dentro gli ingredienti. A questo fine nuove tecniche di cottura dei cibi consentono di avere innovazione che è miglioramento del piatto, ma anche continuità”. L’innovazione, la ricerca e la conoscenza hanno consentito invece di compiere passi avanti nella qualità dei vini, oggi migliori del passato.         

 

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