ACCADEMIA DEL GUSTO
LA SPEZIA 2006

 

Sapori e saperi

IL TARTUFO, IL RE IN TAVOLA

di Franco Carozza


Infiliamoci nei meandri dei boschi
per scoprire i segreti del “re della tavola”
 

 


Il tartufo non ha punti di contatto con i nostri piatti tipici, ma da anni sta lentamente entrando a pieno titolo tra i menu prelibati di stagione. I legami con la Val di Vara, la Lunigiana, il Lagastrello, Cento Croci e Parma, ci hanno fatto privilegiare da sempre i funghi porcini che non hanno nulla da invidiare ai cugini tartufi, se non il prezzo. I porcini 25-30 € al chilo, mentre i tartufi, dipende dalla pezzatura, superano anche i 3 mila euro al chilo. La differenza è enorme. I sughi di funghi si sposano bene con la polenta, le tagliatelle, i risotti. Altre specialità sono i piatti crudi, con funghi affettati e scaglie di parmigiano, un pizzico di pepe e olio extravergine, le cappelle di porcino sulla brace, oppure trifolati o impanati e fritti. Tutte delizie del palato. Tanti ristoranti della provincia, nella stagione buona, propongono comunque piatti col tartufo, e questo ci consola. Ma gli estimatori più esigenti uniscono il piacere di una gita con la degustazione del tartufo, facendo delle scappatelle in Piemonte: Alba, Asti, Canelli, Costigliole, dove ci sono mercatini e aste.
Facendo riferimento all’ “Associazione Trifolau” di Canelli vediamo di dare qualche risposta alle più frequenti domande.

LA MANIFESTAZIONE A CANELLI

Il Gal spezzino ed il Sistema Turistico Locale delle 5 Terre, hanno partecipato con un grande stand, alla Fiera Regionale del tartufo, tenuta a Canelli l’8 Novembre del 2009. I prodotti spezzini del Parco e della Val di Magra, con le salse, le marmellate, il miele, le creme naturali, i vini, lo sciacchetrà del Corniolo, e in particolare l’olio nuovo, appena uscito dal frantoio, hanno riscosso un notevole successo di vendita e di critica. Le degustazioni sono state prese d’assalto. Presso alcuni ristoranti di Canelli, che proponevano piatti tipici, come crespelle al tartufo, gnocchi al Raschera e tomino su un letto di tartufo bianco, focacce dolci con crema di tartufo e carne cruda battuta al coltello, su iniziativa della Cooperativa Terrazze e Sentieri delle 5 Terre, hanno proposto una degustazione del famoso sciacchetrà della Collina del Corniolo. Da questa esperienza è scaturita l’idea di riproporre una cena col “Re in tavola” il tartufo, il 19 dicembre, per gli auguri di Natale, al Ristorante Colle del Telegrafo. Per quell’occasione al Castello di Riomaggiore, gli esperti maestri degustatori di Canelli, faranno l’asta del tartufo. In quell’occasione verranno sviluppati altri temi legati all’emozione della vera cerca del tartufo e ai “trifolau” col loro fido amico. Agli amici di Canelli, con i quali abbiamo già collaborato nel passato, verrà consegnato il nostro distintivo dell’Accademia del Gusto.
 

 


CHE COS’E’ IL TARTUFO
E’ un fungo ipogeo (vive sotto terra), che si sviluppa in simbiosi con certe piante (pioppi, querce, tigli, salici e altre specie simili) solo in presenza di particolari condizioni ambientali. Il tartufo bianco è quello più pregiato e non è coltivabile. Cercatori e grandi appassionati, in collaborazione con gli istituti di ricerca di varie università stanno facendo alcuni esperimenti, ma per ricostruire quell’habitat, ed avere qualche risultato, ci vorranno ancora una decina di anni. Parliamo del 2020. Chi vivrà vedrà. Per ora stiamo con i piedi per terra, l’olfatto ben allenato ed il gusto affinato per gustare questa delizia della natura. Teniamo presente che il tartufo si sente più con l’olfatto che con le papille gustative. In quanto fungo spontaneo è estremamente variabile per produzione e qualità. La stagione della cerca inizia a metà settembre e può durare fino a gennaio. Si cerca con l’aiuto di un cane addestrato, che ne riconosce l’inconfondibile aroma attraverso il terreno. E’ uno dei cibi più ricercati del pianeta proprio per il suo inimitabile profumo. All’asta di Alba, novembre 2009, un cinese si è aggiudicato un esemplare di oltre un chilo per 100 mila euro. La notizia è rimbalzata su tutti i giornali e telegiornali. Auguriamoci che non sia stata una bufala, perché un chilo di tartufo ( pezzatura da 80, 170, 200 grammi) era quotato 3 mila euro.
Detto questo diamo alcune risposte fondamentali. Prima di tutto stiamo ben attenti a quelle che sono le peculiarità del tartufo crudo, fresco, reale, e quelle che sono invece le salse, le creme sott’olio, i profumi. La carne cruda, i “tajarin”, le crespelle, l’uovo al “palet”, devono essere col tartufo, non al tartufo (con solo gocce di profumo). Stiamo parlando di due alimenti completamente diversi. Non confondiamoli mai.

Come si valuta

Si utilizzano tre dei cinque sensi: la vista, il tatto, l’olfatto.
Innanzitutto si valuta l’integrità del corpo fruttifero, fattore non solo estetico, perché un tartufo integro si deteriora con minore rapidità, ma si valuta la bellezza intesa come sensazione strettamente personale riguardante la gradevolezza estetica dell’esemplare. Si deve vedere che è bello, si presenta bene. Poi si passa alla consistenza del tartufo. Un buon tartufo deve dare la sensazione dell’elasticità, turgido e compatto. Non deve essere duro ma neppure troppo elastico.
L’analisi olfattiva è determinante. Il profumo, o meglio ancora l’aroma, è un insieme di sensazioni semplici e di intensità variabili. Una fragranza unica e attraente che sa di fungo, di terra bagnata, di fieno, miele, aglio e spezie. Insomma è la delizie del tartufo che ti inebria. Pensate che un piccolo tartufo chiuso in un barattolo di vetro riesce a profumare un frigorifero.

Come si pulisce
Il tartufo deve essere pulito con una spazzola non ruvida, sotto l’acqua fredda per asportare ogni rimanenza di terra. Quindi va asciugato con cura e può essere consumato dopo 10 minuti.

Come si conserva
Si avvolge in un pezzuola umida e chiuso in un contenitore di vetro. Un tartufo fresco può mantenersi per circa una settimana, ma conviene consumarlo il prima possibile. Non fare l’errore di tenerlo li per gustarlo per qualche ricorrenza perché diventa come un sughero. E’ lo stesso errore che si fa con le bottiglie di spumante che alla fine diventano bibite dolciastre.

Come si serve
Si utilizza l’apposito tagliatartufi, indispensabile per affettarlo a lamelle sottili. Più si regola fine la lama (qualche decimo di millimetro), più si esalta il profumo. Chi è bravo può farlo con un coltellino affilato, tipo rasoio da barba.

Come si mangia.
Mai cuocerlo, perché il tartufo bianco è un condimento e non un ingrediente, per cui si consuma crudo. E’ perfetto col tagliolini, uovo al tegamino, fonduta, carne cruda battuta al coltello, gnocchi al formaggio Raschera e tomino serviti proprio su un letto di tartufo bianco.
 


Le principali ricette

Carne battuta al coltello
Serve un etto di carne ( coscia di manza di razza piemontese) battuta al coltello a persona. La carne viene messa in un recipiente di vetro con degli spicchi d’aglio sbucciati e leggermente schiacciati e mescolati insieme per aromatizzarla. Mentre riposa per un po’ di tempo si uniscono in una ciotola olio extravergine d’oliva (il più adatto è quello ligure) sale, pepe e poco succo di limone. Al termine si toglie l’aglio dalla carne, si unisce il condimento e si mescola bene. Prima di servire ricoprire con qualche lamella di tartufo bianco. Attenti che cinque grammi sono più o meno 15 €.

Tajarin
I “tajarin” sono una pasta fresca all’uovo di origine piemontese ed appartengono alla tradizione culinaria della zona delle langhe e del Monferrato. La loro forma ricorda una sottilissima tagliatella.
Si impastano come le tagliatelle. (500 g di farina setacciata, 2 uova intere e 4 tuorli, 1 cucchiaio di olio e un pizzico di sale). L’impasto si fa riposare per circa due ore, poi si stende col mattarello fino ad ottenere sfoglie sottilissime. Dopo dieci minuti si spolvera con un poco di farina, si avvolgono su se stesse come un salame e a mano libera si tagliano i “tajarin” e si pongono aperti su un vassoio per farli asciugare. Si cuociono in acqua bollente salata per tre, quattro minuti e si condiscono nel nostro caso con burro, grana padano e lamelle di tartufo bianco.

Uovo “al palet” (uovo al tegamino)
Mettere un filo d’olio in un tegamino, raggiunta la temperatura, rompere l’uovo e lasciarlo cuocere lento, salare e ricoprire il tegamino con un coperchio. Dopo pochi minuti ricopritelo di lamelle sottili di tartufo bianco. Va servito caldo.

Il formaggio Raschera sposa il tartufo
E’ un prodotto fantastico DOP, prodotto nelle vallate alpine del Cuneese. E’ un formaggio semifreddo, crudo, pressato, a pasta semidura di colore bianco avorio. Ormai si trova nei mercati, nei negozi specializzati e nei supermercati. Si presenta in due varianti, a forma rotonda e quadrata. La forma quadrata è la più antica, perché meglio si adattava al trasporto sul basto dei muli, ed ha un sapore più delicato. La forma rotonda, più sapida e profumata, ha maggiori possibilità di maturazione. Per la sua specificità e per restare saldi alle radici piemontesi di salvaguardia delle tradizioni è il formaggio che si abbina meglio al tartufo.

 

 

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